11 Nov LE BARRIERE DA ABBATTERE
La chiave giuridica per una tutela necessaria
Le sollecitazioni, di una nostra lettrice, ci portano ad un approfondimento sul tema delle barriere architettoniche; con particolare riferimento alla difficoltà, per una persona disabile, di poter accedere autonomamente, ad esempio, all’interno degli studi dei medici di base e degli studi, più in generale, che erogano servizi per i cittadini. Rilevata, in questi contesti, la mancanza di elementi utili per superare le difficoltà delle persone disabili a potersi muovere in autonomia, la nostra lettrice ci poneva l’interrogativo sul perché il rispetto delle norme anti barriere architettoniche, invece, sia richiesto nella fase di progettazione e realizzazione di edifici di nuova costruzione o nei casi in cui, ad esempio, si è nella fase di apertura di un locale commerciale, e non in questi già esistenti.
Non si può affrontare questo argomento senza partire dall’individuazione del concetto stesso di barriere architettoniche, senza sottolineare la definizione che la legge fa di persona con disabilità e senza parlare di discriminazione ad essa collegata.
Infatti, se l’art. 3 della legge n. 104/1992 individua e definisce, con una terminologia oggi non più utilizzata, l’handiccappato come “ colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”; quando si parla di barriere architettoniche, invece, ci si riferisce, non solo a tutti quegli ostacoli fisici che creano disagio alla mobilità e all’assenza di tutte quelle segnalazioni capaci di riconoscere i luoghi e le fonti di pericolo (specie per non vedenti, ipovedenti e sordi), ma anche a tutti quegli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di attrezzature. Quindi è una barriera qualunque tipo di struttura, ostacolo, segnale che crei difficoltà o impedimento e renda inagibile o difficilmente fruibile un luogo o un servizio.
La normativa in tema di barriere architettoniche è piuttosto articolata e ha avuto una evoluzione nel tempo, con una serie importante di previsioni:
- abbattimento e rimozione;
- incentivi per abbattimento e rimozione;
- obbligo di rimozione per le Pubbliche Amministrazioni (PEBA).
Inoltre, con la legge n. 67/2006 si tutelano le persone con disabilità dalla discriminazione che barriere fisiche e mentali certamente possono creare.
Partendo da questi presupposti , molti, oggi, sono ancora i casi in cui, per le persone anziane, persone con problemi motori e psichici, si ha l’ effettiva e concreta difficoltà a raggiungere luoghi ed a usufruire di servizi. Questo, ad esempio, per la presenza di scale e l’assenza di rampe d’accesso o di ascensori. Tutti elementi che sembrerebbero facilmente superabili per una persona nel pieno delle proprie capacità condizionali e coordinative (capacità motorie), ma che invece, per soggetti fragili, rappresentano ostacoli invalicabili. Elementi che, se non superati , rischiano di impedire l’accesso e la fruizione di servizi essenziali, determinando una forte discriminazione.
Ritornado, nello specifico, al quesito della nostra lettrice, possiamo evidenziare come nella normativa per l’esercizio dell’attività del medico di base non vi sia alcun riferimento in merito alle barriere architettoniche e alla loro rimozione. Quindi, il riferimento più importante è quello derivante dalle norme contenute nelle disposizioni della legge n. 13/1989 e nel Dpr n. 236/1989 (c.d. anti – barriere) che di fatto hanno introdotto una serie di doveri nella progettazione degli edifici per renderli accessibili alla generalità dei cittadini.
E’ pacifico, però, rilevare il limite intrinseco a questa norma, dal momento che la stessa fa riferimento a tutte le strutture, siano esse pubbliche o private, realizzate dopo il 1989. Quindi, oggi, in troppi edifici nati prima del 1989, è possibile trovare ancora spazi inaccessibili.
In questo quadro normativo si inserisce, con rilevante peso, la legge n. 67/2006, la legge antidiscriminatoria. Una chiave giuridica che scende in campo per tutelare le persone con disabilità, vittime di discriminazione, dando, nell’art. 2, alla discriminazione una definizione importante:
“ Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilita’, una persona e’ trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga.
3. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilita’ in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone.
4. Sono, altresi’, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilita’, che violano la dignita’ e la liberta’ di una persona con disabilita’, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilita’ nei suoi confronti.”
Una chiave giuridica importante si diceva, che permette di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio e che fa risultare inderogabile l’eliminazione di tutte le barriere architettoniche ancora esistenti. Così, il cittadino che ritiene di avere subito un atto discriminatorio, sia dal privato che dalla Pubblica Amministrazione, può chiedere sia la cessazione del comportamento discriminatorio che il risarcimento del danno.
Se ritieni che nel tuo caso ci sia stata una potenziale violazione dei tuoi diritti puoi contattarci.
Avv. Pietro Monico
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